Il sesto ospite della rubrica dedicata ai giocatori che hanno fatto la storia dell’UnipolSai Fortitudo baseball è Davide Dallospedale. Nato a Piacenza, dove muove i primi passi nel mondo del baseball, firma con la Fortitudo Bologna nel 1998 rimanendoci per ben 9 stagioni in cui vince 2 scudetti (2003 e 2005) e 2 Coppa Italia (stessi anni degli scudetti). Nel 2002 e nel 2006 vince il titolo Max Ott (miglior battitore di scuola italiana) e viene eletto nel team All-Star nelle annate 2002,2004, 2005 e 2006. Dopo la sua esperienza bolognese passa al Grosseto, con cui vince il titolo italiano del 2007, ed infine al Parma dal 2009 al 2011 con cui vince il titolo del 2010. In carriera ha collezionato 741 presenze nel massimo campionato italiano. Con la maglia della nazionale, invece, esordisce nel 1999 con gli Europei in cui l’Italia vince la medaglia d’argento. Da quel momento, nei successivi 10 anni, Davide prende parte a: 2 Coppe Intercontinentali, 2 Olimpiadi, 4 Mondiali, 1 Mondiale Universitario, 3 Europei e 2 World Baseball Classic, per un totale di 140 presenze.

Ciao Davide, come prima cosa come stai? Di cosa ti occupi negli Stati Uniti?

Io e la mia famiglia stiamo tutti bene. Io e mia moglie Jennifer abbiamo due bambine, Noah (11 anni) e Stella (7 anni). Viviamo in Texas (Dallas) da oltre 11 anni e ci troviamo molto bene qui. Lavoriamo entrambe alla Fossil, la compagnia che produce orologi e pelletteria. Jen ricopre il ruolo di Brand Manager mentre io sono Manager della Logistica e Dogana.

Com’è la situazione dovuta al Covid negli States?

Qui negli States ci sono molti casi purtroppo, però ci siamo abituati a convivere con la pandemia. In famiglia siamo tutti vaccinati e indossiamo la mascherina quando andiamo in luoghi pubblici. Io ho contratto il COVID l’anno scorso e non è stata una bella esperienza. Ho avuto la polmonite e per parecchie settimane sono dovuto stare a riposo in malattia. Ora sto bene e spero il vaccino mi possa proteggere da ulteriori problemi in futuro. 

Passando ora alla tua carriera sportiva, a soli 21 anni hai lasciato la tua Piacenza per approdare in una piazza importante come quella di Bologna. Come è stato il tuo arrivo alla Fortitudo?  

Sono arrivato a Bologna quando ero ancora molto giovane e inesperto. Era il 1998, l’anno in cui ho fatto il militare nella compagnia atleti vicino ai Giardini Margherita a Bologna, l’anno in cui ho lasciato la mia città, casa e famiglia per la prima volta. La Fortitudo era appena retrocessa in A2 e la dirigenza era intenzionata a voltare pagina, ricostruire ripartendo da un nuovo gruppo di giovani insieme a qualche veterano. È in questo contesto che sia io che Gigi Bissa venimmo ingaggiati per formare una nuova coppia in diamante. Nonostante militammo in A2, fu un grande anno di cui ho ancora ricordi meravigliosi. Un grande gruppo che ha costituito l’inizio di un nuovo ciclo per il baseball a Bologna. 

Nel 2003 sei stato tra i protagonisti del titolo italiano fortitudino, il primo dopo 19 anni di astinenza, come è stato vincere il tuo primo titolo italiano e riportarlo sotto le 2 torri?

Il 2003 rimane uno dei più bei ricordi della mia carriera. Una squadra fantastica, di cui ancora mi ricordo l’intero lineup a distanza di anni. La combinazione di giovani giocatori come me, Lele Frignani e grandi veterinari come Rigoli e Sheldon. Quell’anno dominammo la regular season ed entrammo nei playoff con la convinzione di poter vincere, dopo due anni di delusioni in semifinale. La finale con Modena fu magica, culminata con la vittoria in gara 5. Un sogno divenuto realtà, per me, i miei compagni e la città di Bologna. Indimenticabile.

In 9 anni bolognesi hai vinto 4 titoli italiani (2 scudetti e 2 coppe Italia). Cosa è mancato, secondo te, per poter vincere in Europa?

Non aver vinto in Europa rimane uno dei miei più grossi rimpianti. La verità è che non so dirti cosa ci è mancato per vincere. Di sicuro non il talento e la dedizione. Forse l’esperienza, specialmente in noi giovani, può avere giocato un ruolo nel fatto che non ha abbiamo vinto a livello europeo.

Dopo l’addio alla Effe hai vestito le casacche di Grosseto e Parma. Come è stato tornare al ‘’Gianni Falchi’’ da avversario, soprattutto nel 2010 quando con la maglia ducale hai vinto lo scudetto contro la Fortitudo? 

La seconda parte della mia carriera, a partire dal 2007, mi ha dato l’opportunità di vestire due storiche casacche del baseball italiano, Grosseto (2008, 2009) e Parma (2009-2011). Ho grandi e meravigliosi ricordi di entrambe le esperienze. Ricordo che la mia partenza per Grosseto non fu accolta bene dalla dirigenza e dal pubblico di Bologna e posso capire il perché. Bologna è sempre stata la mia seconda casa e ho sempre considerato la Fortitudo parte della mia famiglia. Tornare a Bologna da avversario per la prima volta nel 2007 fu molto strano e surreale. Con gli anni mi sono abituato alla nuova realtà è sono riuscito ad isolare le mie emozioni per concentrarmi sull’aspetto tecnico. Ovviamente il 2010 fu un grande anno per me ed il Parma, l’anno della Stella. La finale contro la Fortitudo fu una grande battaglia tra due grandi squadre, con un fantastico pubblico a Bologna e Parma. Mi mancano quegli anni…

Hai avuto l’occasione di giocare con tanti campioni in biancoblu. Con chi hai legato maggiormente trai i tuoi compagni di squadra e chi ti ha aiutato di più a crescere?

Quando arrivai a Bologna nel 1998 l’unica persona che conoscevo dalle Nazionali giovanili era Lele Frignani. Lui è sempre stato un grande amico e compagno di squadra. Siamo coetanei ed abbiamo vissuto il nuovo ciclo Fortitudo insieme. Claudio Liverziani è stato probabilmente l’uomo e giocatore che mi aiutato di più a crescere, dentro e fuori dal campo. È una grandissima persona ed un caro amico, un esempio che ho seguito e cercato di imitare durante tutta la mia carriera. In generale comunque, ho avuto la fortuna di giocare con grandi compagni di squadra che mi hanno aiutato a crescere e maturare durante la mia carriera.

A Bologna eri il punto fermo del diamante per staff tecnico e tifosi. Dopo di te è arrivato Alessandro Vaglio che ha fatto lo stesso. Ora, la Fortitudo, ha ingaggiato uno dei migliori prospetti italiani come Paolini. Pensi che possa seguire le tue orme?

Bologna è una piazza storica del baseball italiano. Ha grande ambizioni ed arrivare secondi non è di solito considerato un successo. Riuscire a giocare ad alto livello sotto pressione è la chiave per riuscire a giocare a Bologna ed essere amato dai tifosi. Vaglio è un grandissimo giocatore, un fuoriclasse che si è sempre contraddistinto in situazioni importanti a livello nazionale ed internazionale. Auguro a Paolini di fare lo stesso. 

Segui ancora l’UnipolSai Fortitudo Baseball? Che rapporto hai con il baseball di oggi?

Purtroppo con il fatto che vivo oltreoceano, è difficile per me rimanere aggiornato. Ogni volta che parlo con mio padre discutiamo le ultime novità e quello aiuta. Però mi manca il baseball italiano, i miei amici di mille battaglie ed i miei compagni.

Manda un saluto ai tifosi della squadra

Un saluto a tutti i tifosi della Fortitudo con l’augurio che ci possa incontrare di nuovo in futuro. Magari al Gianni Falchi, parlando di vecchie gioie e successi

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